Le displasie ectodemiche (DE) sono un vasto ed eterogeneo gruppo di malattie genetiche caratterizzate da anomalie dei tessuti di origine la maggior parte dei pazienti affetti manifesta le principali caratteristiche cliniche, di seguito specificate:
• ipotricosi, ovvero capelli e peli radi, ectodermica quali capelli, denti, unghie, ghiandole sudoripare e ghiandole di Meibomio, talvolta in associazione a malformazioni di altri organi e sistemi. Circa l’80% dei casi di DE sono associati ad anomalie oro-facciali. «Sono forme congenite e non progressive – spiega Michele Callea, odontoiatra, specialista in pedodonzia e odontoiatria speciale, clinical researcher fellow presso l’Unità di Odontoiatria dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma- «Attualmente si conoscono circa 200 diverse entità cliniche descritte sotto questo termine. L’incidenza riportata (seppure i dati siano in continuo cambiamento e subiscano repentini aggiornamenti per la conoscenza in merito che diventa sempre meno negletta, per cui l’aumento dei casi non significa una maggiore frequenza della patologia ma una maggiore capacità diagnostica) è di 7 casi su 10.000 nascite, ma è lecito supporre che nel nostro Paese tale dato non rifletta la reale diffusione della patologia poiché spesso rimane non diagnosticata».
Dottor Callea, la displasia ectodermica è una patologia accompagnata da un complesso corollario di sintomi…
Dopo la nascita e durante l’infanzia, fino a parziale o totale alopecia;
• ipo-anidrosi, dovuta all’ipoplasia o aplasia delle ghiandole sudoripare, che si manifesta con diminuita sudorazione;
• ipo-anodonzia: presenza di elementi dentali anomali e in numero ridotto. I denti che compaiono erompono tardivamente e quasi costante è la presenza di elementi con forma conica o appuntita (a lama di coltello). Una severa ipodonzia è una caratteristica pressoché universalmente presente negli individui interessati da tale patologia. Generalmente sono presenti più elementi nel mascellare superiore che nella mandibola, anche se entrambe le arcate possono presentare anodonzia. Nelle zone con assenza di denti l’osso alveolare è mancante. Il taurodontismo, spesso nei secondi molari decidui, è una caratteristica comune;
• xerostomia, ovvero riduzione o assenza di salivazione, responsabile di un aumentato sviluppo della carie dentale;
• alterazioni oculari: l’occhio può essere variabilmente coinvolto nelle diverse forme di displasia ectodermica, con manifestazioni di differente gravità. Le anomalie delle ghiandole di Meibomio vanno da una diminuita secrezione.
Michele Callea, odontoiatra, specialista in pedodonzia e odontoiatria speciale, clinical researcher fellow presso l’Unità di Odontoiatria dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma della componente lipidica del film lacrimale con numero di ghiandole normale a un diminuito numero delle ghiandole stesse, con severa alterazione del film lacrimale, responsabile di una maggiore evaporazione della componente acquosa della lacrima.
Inoltre, le frequenti riniti unitamente alla morfologia del massiccio facciale, con riduzione dello spazio per le fosse nasali, sono causa di ostruzione nasale. Nei pazienti affetti da DE la frequenza
di ipoacusia è molto più elevata rispetto alla popolazione generale; si tratta soprattutto di ipoacusie trasmissive, legate all’insufficiente pervietà delle vie respiratorie superiori.
A proposito delle implicazioni a livello orale cosa possiamo dire?
Si possono riscontrare ipo-anodonzia, anomalie di forma dell’elemento dentario, ritenzione di denti decidui, ipoplasia dello smalto, taurodontismo, perdita della dimensione verticale ossea a livello alveolare e basale con conseguenze a carico del terzo medio e inferiore della faccia. Gli incisivi superiori sono presenti nel 42% dei pazienti, i primi molari superiori nel 41%, i primi molari inferiori nel 39% e i canini superiori nel 22%.
La completa o parziale assenza degli elementi dentari favorisce l’ipoplasia di entrambe le ossa mascellari: lo scarso supporto dentario e la ridotta crescita della componente ossea basale e alveolare determinano infatti un collasso della dimensione verticale maxillo- mandibolare e una ridotta ampiezza delle creste alveolari. Questo comporta una riduzione della dimensione verticale della faccia, più marcata nel terzo inferiore.
La ridotta crescita si ripercuote anche sulle dimensioni antero-posteriori con conseguente retrognazia, più accentuata a livello del mascellare superiore.
In merito alle strutture cranio-facciali, la fronte appare squadrata, con prominenza del ponte sopraorbitario. Il naso presenta depressione della propria radice configurandosi con aspetto a sella. Il mento è appuntito e ipoplastico a causa della ridotta formazione degli elementi dentari. Nei pazienti non trattati con l’utilizzo appropriato di protesi dentarie, le deviazioni cranio-facciali dalla norma aumentano con l’età, verso una classe III. L’analisi cefalometrica dimostra ridotte dimensioni facciali, diminuita altezza facciale inferiore, pattern variabile di larghezza facciale, il mascellare superiore è arretrato rispetto alla mandibola, la larghezza delle ali nasali e della bocca sono più piccole. La variabilità riscontrata nelle dimensioni facciali nei pazienti con DE corrispondono alla diversa espressione dei geni causativi di tale patologia genetica, che intervengono nei vari processi.
Come deve essere approntato il corretto trattamento odontostomatologico di tale categoria di pazienti?
Le terapie odontoiatriche devono essere differenziate per età; la prima visita accompagnata da un accurato esame obiettivo del cavo orale dovrebbe auspicabilmente verificarsi fra i 6 e i 12 mesi di vita.
L’obiettivo dei trattamenti odontoiatrici nei pazienti affetti da DE è ricreare una dentizione adeguata all’età che garantisca una funzione masticatoria ottimale, la deglutizione, la nutrizione e l’estetica oro- facciale. Il follow-up è indicato per tutto il corso della vita, motivo per il quale l’odontoiatra in piena condivisione con il paziente assistito non deve mai abbassare la guardia.
Per il ripristino di una funzionalità ed estetica della dentatura, nonché per una normale vita di relazione, si ricorre all’applicazione (dai 3 anni in poi) di protesi parziali rimovibili. In alcuni casi è possibile applicare impianti in pazienti in età evolutiva e poi applicare protesi sovraimplantari, come riportato da Montanari e Coll. nel 2013.
In alcuni casi è necessario estrarre alcuni elementi dentari per prevenire l’anchilosi degli stessi, per quanto il timing sia ancora di grosso dibattito, ovvero quando esattamente eseguire ciò. In caso poi di estese lesioni dello smalto, alcuni elementi dentari decidui possono dover essere protesizzati. Fra i 6 e i 12 anni le protesi andranno adeguate alla crescita cranio facciale del paziente. L’inserzione di manufatti protesici fissi e/o l’inserimento d’impianti, che può essere accompagnata dall’inserimento di struttura ossea di supporto, devono avvenire a fine crescita (attorno al diciottesimo anno per la femmina e attorno ai 20 anni per il maschio). L’ortodonzia gioca un ruolo fondamentale poiché date le agenesie multiple e quindi dislocazioni dentarie ci si può trovare di fronte a un’alterata crescita dei mascellari. L’ipoplasia malare e quindi del mascellare superiore è molto frequente; l’obiettivo dell’ortodonzia è quello di mantenere e gestire gli spazi, allineare gli elementi dentari, correggere e monitorare l’overbite, il crossbite, l’infraocclusione e infine il ripristino e mantenimento della stabilità occlusale. In sintesi le possibili scelte terapeutiche possono essere definite le protesi parziali rimovibili, protesi totali rimovibili, protesi convenzionali con ponte o adesive e protesi sovraimplantari.
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Per approfondire
1. Montanari M, Callea M, Battelli F, Piana G. Oral rehabilitation of children with ectodermal dysplasia. BMJ Case Rep. 2012 Jun 21;2012.
2. Montanari M, Battelli F, Callea M, et al.Oral rehabilitation with implant-supported overdenture in a child with hypohidrotic ectodermal dysplasia. Annals of Oral & Maxillofacial Surgery 2013 Sep 01;1(3):26.
3. Callea M, Yavuz I, Clarich G, et al. Clinical and molecular study in a child with X-linked hypohidrotic ectodermal dysplasia. Arch Argent Pediatr. 2015 Dec 1;113(6):e341-4.
4. Dohan MS, Callea M, Yavuz Ì, et al. An evaluation of clinical, radiological and three-dimensional dental tomography findings in ectodermal dysplasia cases. Med Oral Patol Oral Cir Bucal. 2015 May 1;20(3):e340-6.
5. Guazzarotti L, Tadini G, Mancini GE, et al. Phenotypic heterogeneity and mutational spectrum in a cohort of 45 Italian males subjects with X-linked ectodermal dysplasia. Clin Genet. 2015 Apr;87(4):338-42.