In Germania la terapia è stata effettuata con successo su 3 bambini. Oggi hanno 7 anni e non soffrono dei peggiori effetti di questa malattia rara
Non una ma almeno 170 sono le displasie ectodermiche, un gruppo di malattie rare caratterizzate da un anomalo sviluppo dei tessuti e organi di origine ectodermica, in particolare denti, capelli, unghie e ghiandole sudoripare. Da qui uno dei sintomi più diffusi, l’assenza o poca produzione di sudore, che può portare a gravi problemi di regolazione della temperatura corporea. Ad occuparsi di questo ampio gruppo di malattie è l’Associazione ANDE oggi presieduta da Giulia Fedele. Grazie a lei abbiamo incontrato la dottoressa Michela Brena, dermatologa del Policlinico di Milano, che ci ha raccontato un’interessante storia di successo nel campo delle terapie avanzate.
L’ectodisplasina A1 (EDA1) è una proteina normalmente presente nel corpo che è essenziale, durante lo sviluppo fetale nell’utero materno, della corretta produzione di annessi cutanei quali ghiandole sudoripare, denti, peli terminali e capelli. La mancanza della proteina EDA1, causata da un difetto genetico, è alla base dell’insorgenza della displasia ectodermica ipoidrotica legata all’X.
In Germania tre bambini sono nati e cresciuti senza i principali problemi legati alla malattia grazie alla somministrazione della proteina mancante direttamente nel liquido amniotico: oggi hanno 7 anni e non mostrano problemi di sudorazione o termoregolazione. Una notizia di grande rilievo se si pensa che per questa patologia ad oggi non esiste alcuna cura.
La terapia è stata effettuata in utero perché era necessario intervenire prima che il difetto genetico causasse le anomalie di sviluppo, che avvengono in precise fasi della gestazione. In Germania è stato tentato questo approccio attraverso una procedura ad uso compassionevole: i tre bambini coinvolti oggi hanno 7 anni. La terapia ha ripristinato, durante la gestazione, livelli corretti della proteina mancante. Come risultato si è riusciti a correggere il difetto di sudorazione e, pressoché del tutto, il difetto delle ghiandole lacrimali; ci sono inoltre stati effetti positivi nello sviluppo dei denti – che spesso in questi pazienti mancano in parte o sono alterati. Quello che la terapia non è riuscita a fare, invece, è modificare le caratteristiche facciali tipiche di questi bambini perché questo aspetto si definisce in una fase più precoce della gravidanza, quando somministrare la terapia sarebbe troppo rischioso per la sopravvivenza del feto. In Italia non è stato mai attuato questo tipo di intervento, ma stiamo compiendo i vari passaggi procedurali con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per poter avere l’approvazione ed eseguire la terapia nei casi in cui vi è una provata familiarità con questa forma di malattia.In attesa, e nella speranza, che questa terapia possa diventare una realtà anche nel nostro Paese occorre agire però su altri fronti: diagnosi e presa in carico prima di tutto. Una delle prime preoccupazioni dell’associazione è infatti proprio quella di inviare i pazienti – quelli con diagnosi, ma anche quelli con diagnosi incerta o assente – a centri di riferimento che siano davvero in grado di farsi carico dei loro bisogni. Ma vista la rarità della malattia sono davvero poche le strutture capaci di rispondere ai loro bisogni. Attualmente è operativo un centro clinico presso il Day Hospital della Clinica Pediatrica De Marchi al Policlinico di Milano e l’associazione si sta impegnando, con un’ottima risposta da parte dei clinici, per coordinare la nascita di un centro a Roma, che servirebbe tutto il centro sud.
Solo una corretta diagnosi e individuazione del rischio familiare potrebbe in futuro indirizzare alcune gestanti verso l’approccio di terapia genica, e solo una corretta presa in carico oggi, in assenza di altre terapie, può garantire una vita migliore alle persone che nascono affetti da una qualche forma di displasia ectodermica.
Di: Ilaria Ciancaleoni Bartoli , 22 Luglio 2019